Baudelaire e Wagner : quando la musica si fa poesia.

«Mi pareva che quella musica fosse la mia e che la conoscessi come ogni uomo riconosce le cose che è destinato ad amare».

Charles Baudelaire a Richard Wagner ( Lettera del 17 febbraio 1860).

In una Parigi ferocemente critica per partito preso, accanita contro un musicista tedesco, Richard Wagner vede nei tre concerti eseguiti nella capitale francese un rifiuto da parte del pubblico, che non manca occasione di fischiarlo e di schernirlo.
Un umile ammiratore, imbarazzato dagli articoli e dalle recensioni superficiali e calunniose dei suoi connazionali, gli scrive, allontanandosi dalla folla inferocita: «Mi sono detto: voglio distinguermi da tutti questi imbecilli».
Quel nuovo amico, in terra nemica, è Charles Baudelaire.

Il primo incontro tra i due artisti avviene nella sala des Italiens, a rue Monsigny a Parigi, dove il compositore farà ascoltare frammenti delle sue opere: il poeta stesso gli confesserà, nella lettera che gli spedirà poi, di essersi presentato all’esecuzione carico di pregiudizi, scusabili dal fatto che troppe volte aveva ascoltato pessima musica di grandi promesse.
Come un vero incontro, la lettera è amichevole, cordiale, colma di gratitudine per quello straniero che ha portato «aria nuova» in una città immobile, che necessitava disperatamente di qualcosa di diverso.

«Prima di tutto voglio dirvi che vi devo il più grande godimento musicale che abbia mai provato». ( cit. )
A scriverlo è un uomo sulla quarantina, che ha ben ponderato sullo spedire o meno quella lettera, soprattutto per scusarsi dell’imbarazzo che il suo paese, a causa di quei concerti, gli ha procurato.

Scarno di cultura musicale, se non per Weber e Beethoven, Baudelaire prova, a modo suo, di trasmettere le sensazioni che la musica di Wagner gli ha suscitato: da esteta e da critico d’arte, attraverso la parola, trasforma la musica in colori, dando vita all’elemento essenziale di tutta la sua poetica, la sinestesia.

«[…] per servirmi di paragoni presi a prestito dalla pittura, immagino davanti ai miei occhi una vasta distesa di un rosso cupo. Se questo rosso rappresenta la passione, lo vedo arrivare gradualmente, attraverso tutte le transizioni del rosso e del rosa, all’incandescenza della fornace. Sembrerebbe difficile, persino impossibile, giungere a qualcosa di più ardente […] . Sarà questo, se volete, il grido supremo dell’anima giunta al suo parossismo».
(cit.)

L’esaltazione di quella musica diventa, per Baudelaire, un’ossessione, cercando ogni sera un pianoforte come un naufrago brama l’acqua fresca: nel suo caso, è l’unico rimedio che, miracolosamente, placa la piaga dello Spleen.
Tale fu il beneficio che Baudelaire trovò nella musica di Wagner che anche nei suoi ultimi istanti di vita, quando era possibile, chiedeva che gli venissero suonati i brani del Tannhäuser o del Lohengrin ( due tra le opere più celebri di Wagner).

«Ancora una volta signore, vi ringrazio. Mi avete richiamato a me stesso e a ciò che vi è di grande, in ore buie».
(cit.)

Nell’anniversario della nascita di Baudelaire, che per quanto possa apparire superfluo se non addirittura ridicolo, si prova a ingannare il fato creando doni immateriali, creati dal ricordo, concretizzati dalla parola. A 157 anni di distanza, pubblichiamo anche noi un tributo alla musica di Wagner, attraverso il suo saggio «Richard Wagner e Tannhäuser a Parigi», riportando al pubblico odierno due autori molto discussi dalla posterità, così simili e, nell’arte, così fraterni.

Chi meglio di Baudelaire poteva riconoscere il senso di prostrazione che Wagner doveva aver provato nella sua esperienza in Francia, dove gli «intellettuali» lo fischiavano e insultavano pubblicamente la sua signora? Si ricorda che corre l’anno 1860, e solo tre anni prima l’autore de «I Fiori del Male» aveva dovuto affrontare un processo a causa dei poemi contenuti nella sua raccolta: chi meglio di quel poeta poteva descrivere fedelmente il bruciore delle frustrate scoccate dalla corte dei teatri di Parigi?
Dai suoi conoscenti, Baudelaire sarà sempre ricordato come un fedele amico, pronto ad aiutare i suoi solidali: lui e Wagner non si incontrarono mai, eppure in quella musica c’erano tutti gli incontri spirituali che una vita intera poteva comparare.

«Ho spesso inteso dire che la musica non poteva vantarsi di tradurre alcuna cosa con esattezza, come fanno la parola o la pittura […] . Essa traduce alla sua maniera, e con i mezzi che le sono propri. Nella musica, come nella pittura e anche nella parola scritta, che è tuttavia la più positiva delle arti, c’è sempre una lacuna completata dall’immaginazione dell’ascoltatore.
Senza dubbio queste considerazioni hanno spinto Wagner a ritenere l’arte drammatica, vale a dire la riunione, la coincidenza di più arti, come l’arte per eccellenza, la più sintetica e la più perfetta».
(Charles Baudelaire – «Richard Wagner e il Tannhäuser a Parigi»).

La musica regna sovrana nell’arte baudelairiana: assonanze e sinestesie riempiono la sua poetica, non solo come può farlo uno stile letterario ma come unico modo di pensiero o metodo di raziocinio. Andando oltre il puro stile, erano personalità trasmutate in colore, rima e sinfonia.
Sostenuto dalle traslitterazioni di Berlioz e Liszt (che Baudelaire conosceva personalmente), il poeta tenta, a modo suo « di raccontare, di rendere in parole l’inevitabile traduzione che l’immaginazione fece del medesimo brano, allorché, con gli occhi chiusi, l’ascoltai (Baudelaire) per la prima volta, e mi sentii per così dire sollevato da terra».

Si appella alla sua poesia, alla sua musica, alla sua pittura.

La Nature est un temple où de vivants piliers
Laissent parfois sortir de confuses paroles;
L’homme y passe à travers des forêts de symboles
Qui l’observent avec des regards familiers.

Comme de longs échos qui de loin se confondent
Dans une ténébreuse et profonde unité,
Vaste comme la nuit et comme la clarté,
Les parfums, les couleurs et les sons se répondent.

( La Natura è un tempio dove vivi pilastri
Lasciano talvolta scappare parole confuse;
L’uomo passa attraverso una foresta di simboli
Che l’osservano con sguardi a lui familiari.

Come lunghe eco che lontane si confondono
In una tenebrosa e profonda unità,
Vasta come la notte e come la chiarezza,
I profumi, i colori e i suoni si rispondono)

( Charles Baudelaire – Corréspondances / Corrispondenze
[Les Fleurs du Mal / I Fiori del Male])

Dove sta il maggiore stupore in Baudelaire quando le note del Tannhäuser gli accarezzano i timpani? È nella familiarità, nella somiglianza coi suoi pensieri, nella comunione di uno spirito a lui estraneo eppure così affine; fu la stessa sensazione che provò al tempo che «conobbe» Edgar Allan Poe.

«Il lettore conosce lo scopo che perseguo: dimostrare che la vera musica suggerisce idee analoghe in cervelli differenti […] Io mi rammento che, fin dalle prime battute, subii una di quelle impressioni felici che quasi tutti gli uomini immaginativi hanno conosciuto, attraverso il sogno, nel sonno. MI sentii liberato dai legami della gravità, e ritrovai attraverso il ricordo la straordinaria voluttà che circola nei luoghi elevati […]. Mi dipinsi volontariamente lo stato delizioso di un uomo in preda a una grandiosa fantasticherai in una solitudine assoluta, ma una solitudine con un immenso orizzonte e un’ampia luce diffusa; l’immensità senz’altro sfondo che se stessa».
(cit. Saggio su Richard Wagner)

L’aspirazione all’ideale, l’elevazione dell’anima verso le cose «alte», che allontanava dalla materialità, dalla trivialità e dalle pulsioni meramente carnali.
È possibile ritrovare la medesima pulsione salvifica nella poesia «Elevazione» di Baudelaire, dove lo spirito eccelso, il Poeta, creatura destinata a raggiungere «campi luminosi e sereni» attraverso la metrica e la ricercatezza della bellezza potrà ambire alla pace, all’immortalità e alla conoscenza «delle cose mute».

Alzando lo scudo, proteggendo il «martire fraterno» dalle manciate di fango dei giornalisti parigini, il saggio sulla musica di Wagner è un casto e sincero affondo di risposta a critiche fondate sulla cattiva abitudine del «a priori».

«Nessun musicista eccelle al pari di Wagner nel dipingere lo spazio e la profondità, materiali e spirituali. È un’osservazione che molti spiriti, e dei migliori, non hanno potuto impedirsi di fare in svariate occasioni. Egli possiede l’arte di tradurre, attraverso sottili gradazioni, tutto ciò che di eccessivo, di immenso, di ambizioso, vi è nell’uomo spirituale e naturale».
( cit. Saggio su Richard Wagner)

La dualità, le due postilazioni simultanee, in lui fervidamente presenti non solo sulla carta ma anche nello spirito, a dilaniargli le viscere, nella musica di Wagner quel sentimento, così luminoso e altrettanto oscuro, assume forma nuova, più chiara, non solo per l’artista ma, più di ogni altra cosa, per l’uomo, l’essere umano che abita sotto quella pelle.
Fu lo stesso Wagner ad accorgersi di un simile rapporto, fatto di contrasti e di assonanze, di attrazione e repulsione.

«[…] gli fu impossibile non pensare in una maniera doppia, poeticamente e musicalmente, e di non intravedere qualsiasi idea sotto due forme simultanee, una delle due arti cominciava la propria funzione là dove si arrestavano i limiti dell’altra».
(cit. Saggio su Richard Wagner).

Forse inconsapevolmente, Wagner, eseguendo la sua musica a Parigi, era entrato a far parte, involontariamente, della maledizione che quel gruppo di artisti stava conoscendo dannatamente bene: cosciente che l’arte non può distaccarsi dalla critica, egli deve sopportare la peggior critica, che nasce dall’ignoranza e dalla smania del popolo di calunniare i suoi poeti come al tempo fece lapidare Gesù Cristo.
Baudelaire era il più masochista: costruitosi da solo la sua croce, caricatasela sulle spalle come il male minore, aiutava gli altri a trasportare la loro.
Forse il più umano tra i poeti, solidale con gli spiriti affini, l’ancora di salvezza per l’autore francese fu proprio la musica, suonata da un tedesco di nome Richard Wagner, il quale se non avesse ricevuto quella lettera avrebbe, forse, abbandonato il suo cammino, credendo che a sopportare quel supplizio fosse l’unico, e che a combattere quella guerra a favore dell’armonia e della bellezza non ci fossero altri che lui.

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